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Giovedì
12 Luglio il Senato della Repubblica ha approvato il Meccanismo Europeo
di Stabilità (ESM) e il Trattato europeo sul Fiscal Compact, due nuovi
accordi progettati per mantenere in vita il sistema speculativo globale
attraverso l’austerità e la dittatura dei mercati finanziari. Con il
sistema dell’euro in via di disintegrazione, i poteri oligarchici
sovrannazionali e i loro portavoce nella Troika (BCE, FMI, Commissione
Europea) hanno ormai abbandonato ogni pretesa di democrazia e imposto un
processo che porterà alla fine di ogni vestigia della sovranità
nazionale.
Il
Fiscal Compact è l’estensione del Patto di Stabilità, che obbliga tutti
gli stati a rispettare i vincoli di bilancio stabiliti a suo tempo dal
Trattato di Maastricht. Nel caso italiano significherebbe ulteriori
tagli o tasse per circa 40 miliardi di euro all’anno per i prossimi 20
anni. Quello che sta facendo oggi Monti è solo un piccolo assaggio.
L’ESM è il fondo salva-stati, che originalmente era previsto venire in
soccorso agli stati in difficoltà, agendo come ente indipendente con la
forza contrattuale di dettare le linee guide ai governi che accettassero
gli aiuti. Non ci sarebbe la possibilità di trattare, di discutere
democraticamente con la popolazione, ma solo di eseguire gli impegni
presi con qualsiasi mezzo. Nel frattempo gli è stato conferito anche il
potere di finanziare direttamente le banche. Quindi non più la maschera
di “salva-stati” ma “salva-banche”.
Il
Trattato ESM ratificato dal Senato prevede che i manager del fondo
possano richiedere in qualsiasi momento un aumento del capitale, già
consistente, senza che i governi o i parlamenti nazionali possano
opporsi, e che gli stessi manager godano della completa immunità da ogni
giurisdizione nazionale e internazionale.
Al
Senato i due trattati sono stati approvati da tutti i gruppi
parlamentari tranne la Lega Nord (contrari) e l’IdV (astenuti). I
partiti della maggioranza si giustificano con la “necessità” di
costruire un’Europa più forte, strada obbligata per uscire dalla crisi;
cioè l’unione fiscale e politica che è l’obiettivo dell’UE da almeno il
1989, quando si decise di bloccare la strada dello sviluppo economico
guidato da un’alleanza di nazioni sovrane.
La
realtà è che il progetto degli Stati Uniti d’Europa rappresenta
soltanto un tentativo disperato di tenere in piedi un sistema
finanziario decotto. La politica dell’austerità, della deregulation e
del disinvestimento nell’economia reale è la causa della crisi, e non si
potrà cambiare direzione senza un taglio netto con il passato (la
creazione degli Stati Uniti d’America, infatti, avvenne su basi ben
diverse, mirate all’investimento nell’economia reale). Eppure ad ogni
ulteriore manifestazione del problema i capi di governo europei –
incoraggiati da Obama e Geithner che temono per le banche americane –
raddoppiano: altri salvataggi, altri tagli al tenore di vita della
popolazione.
Ormai
è evidente che la ricetta non funziona, ma bisogna avere il coraggio di
cambiare, prima che sia troppo tardi. Gli stati possono ancora decidere
di riappropriarsi del futuro, ma per fare ciò dobbiamo porre fine al
circolo infinito di salvataggi bancari. La soluzione comincia con la
Glass-Steagall, cioè la separazione tra banche ordinarie e banche
speculative, proposta che trova nuovi sostenitori ogni giorno. In Italia
ci sono proposte di legge in entrambe le Camere del Parlamento
(Peterlini, Tremonti, Lega Nord), come negli USA con il ddl della
deputata democratica Marcy Kaptur. E lo scandalo Libor di questi giorni
ha messo paura addirittura ad una fazione della City di Londra, che ora
chiede di andare in questa direzione, con un editoriale sul Financial Times a favore della Glass-Steagall.
I
trattati draconiani dell’UE si possono ancora fermare, sia a livello
politico perché devono passare ancora per la Camera dei Deputati in
Italia, sia a livello giudiziario, per esempio con i ricorsi
costituzionali in Germania. La vera svolta però dipende dalla
mobilitazione popolare, per costringere le istituzioni a guardare in
faccia alla realtà e cominciare a costruire un futuro di progresso.
fonte: vocidallastrada.com
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