Eutanasia
dell’Italia, a colpi di 20 miliardi di euro all’anno. Il suicidio
programmato del patrimonio pubblico della nazione che ha appena
festeggiato i primi 150 anni di vita è «una strada praticabile», secondo
il neo-ministro dell’economia Vittorio Grilli, per ridurre strutturalmente il debito pubblico. Regalando – di fatto – i beni pubblici degli italiani al grande capitale finanziario: lo stesso che ha provocato la crisi e sottratto agli Stati la leva della moneta sovrana, strategica per risalire la china senza dover ricorrere a tagli criminosi.
Intervistato dal “Corriere della Sera”, Grilli auspica un piano
pluriennale per garantire «vendite di beni pubblici per 15-20 miliardi
l’anno, pari all’1% del Pil». E’ la legge – folle – del “pareggio di
bilancio” imposto dall’élite tecnocratica dell’Unione Europea mediante
trattati-capestro come il Fiscal Compact: drenare a sangue le risorse
pubbliche, costringendo lo Stato a comportarsi come un’azienda privata –
neppure virtuosa, ma fallimentare: un’azienda che non è più in grado di
fare investimenti vitali.
«Già
abbiamo un avanzo primario del 5%», ammette Grilli, confermando che lo
Stato spende per i propri cittadini meno di quanto riceva sotto forma
di tasse. Calcolando «una crescita nominale del 3%», aggiunge Grilli,
la svendita a rate del patrimonio pubblico italiano produrrebbe una
riduzione del debito pari al 20% in soli cinque anni. Nel colloquio con
Ferruccio De Bortoli, Grilli difende anche la famigerata spending review,
che «consente risparmi al di là delle cifre di cui si parla in questi
giorni», dal momento che «si possono ridurre ancora le agevolazioni
fiscali e assistenziali, intervenire sui trasferimenti alle imprese». Il
tecnocrate arruolato da Monti parla addirittura di tagli alla tassazione sul lavoro, mentre collabora alla demolizione del welfare su cui si sono basati cinquant’anni di benessere e di sicurezza sociale.
Vittorio
Grilli ha un curriculum perfettamente adeguato alle sue attuali
performance: è stato assistente professore alla Yale University e poi
docente al Birkbeck College dell’università di Londra. Nel 1994 è
entrato al Ministero del Tesoro come capo della direzione per le
privatizzazioni: super-tecnocrate di scuola anglosassone, ha firmato il
suo ingresso nell’amministrazione statale in qualità di liquidatore,
secondo i dettami dell’élite neoliberista che prescrive la sparizione
progressiva dello Stato come garante dei cittadini. Dirigente bancario
del Crédit Suisse, è tornato al ministero nel 2002 come Ragioniere
Generale dello Stato, per poi dirigere il Tesoro e sfiorare, nel 2011,
la super-poltrona di governatore di Bankitalia poi
andata ad Ignazio Visco. Un uomo con le carte in regola, dunque, per
sforbiciare quel che resta dei beni comuni in via di sparizione.
E
mentre il Parlamento dorme e lascia fare ai “tecnici”, i freddi
esecutori dei diktat impartiti da Bruxelles e Francoforte per devastare
il sistema socio-economico europeo mettendo in salvo soltanto le banche e
il loro capolavoro speculativo, la moneta “privata” chiamata euro,
l’economista Grilli se la prende con l’ultimo declassamento di
“Moody’s”, come se le agenzie di rating non fossero parte integrante del
piano mondiale per spodestare i cittadini europei, retrocessi a sudditi
da “punire” con selvaggi “sacrifici”, senza una sola contropartita
ragionevole né un’idea di sviluppo per uscire dalla crisi.
Grilli attacca addirittura i mercati, cioè i “mandanti” del governo
Monti, perché «non riconoscono ancora la bontà degli sforzi compiuti dal
nostro Paese per mettere in ordine i conti». E’ il copione mediatico
del “risanamento”: i becchini si presentano come salvatori. «Il pareggio
di bilancio è a portata di mano, le riforme strutturali sono avviate»,
si vanta Grilli: «Nessun altro Paese ha fatto tanto in così poco tempo».
Record forse sfuggito ai mercati “distratti” ma non certo agli
italiani, tragicamente ingannati e finiti nella trappola mortale
del “rigore”.
fonte: libreidee.org
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